Orbán da Salvini: “Ue suicida”. E rilancia il blocco anti Kiev

ROMA – «Ci rivediamo presto a Budapest». A suggello dell’«affettuoso» faccia a faccia nella sede del Mit, Matteo Salvini saluta così l’«amico» Viktor, cioè Viktor Orbán. Il vicepremier leghista, raccontano nella sua cerchia, lavora a una trasferta in Ungheria. A strettissimo giro. «Entro la fine dell’anno», confida chi gli cura l’agenda. Il capo del Carroccio è entusiasta per la visita del primo ministro magiaro nella sede del ministero dei Trasporti. «Prima visita di un capo di governo a un ministero», gongolano nell’entourage del segretario ex lumbard. Come dire: non è andato solo a Palazzo Chigi, da Giorgia Meloni, ieri l’altro. E poco importa se l’appuntamento coincide con un annuncio che nel frattempo getta scompiglio nelle cancellerie di mezzo continente: Orbán lavora alla creazione di un blocco anti Kiev nell’Unione europea. Già ribattezzato “Visegrad 3”. Ne fanno parte il capo del governo slovacco Robert Fico e il nazionalista Andrej Babis, fresco vincitore delle elezioni in Repubblica Ceca. «Nell’Europa centrale, il fronte pacifista sta crescendo», il commento di Orbán sui social, prima di infilare l’ingresso nel dicastero di Porta Pia.
Un’ora filata di chiacchiere (con traduttore) a tu per tu con Salvini. Grandi convenevoli, complimenti per la «scalinata» del Mit, per le maglie del Milan appese nello studio del ministro, per le foto con il Papa, con la famiglia, con Berlusconi. «Tutto molto accogliente», sentenzia l’ungherese. Focus sulle prossime elezioni a Budapest, fissate nell’aprile del ‘26, quando Orbán andrà a caccia del suo sesto mandato contro il leader dell’opposizione democratica Peter Magyar. Appuntamento a cui tiene lo stesso Salvini, visto che il leader ungherese è uno dei big della sua euro-famiglia, i Patrioti. Nel chiuso del Mit, Orbán si congratula per la «stabilità del governo italiano», si fa spiegare come procede il ponte sullo Stretto, davanti al maxi plastico. Salvini ricambia, loda il «taglio delle tasse» messo in pratica a Est «per sostenere le famiglie». A vertice concluso, la Lega diffonde una nota: tra i temi affrontati, «la pace, la dura critica al green deal e alle politiche suicide dell’Unione europea». Altra frecciata a Bruxelles, con cui invece Meloni deve lavorare. «Massima sintonia sul contrasto all’immigrazione clandestina», aggiungono i salviniani.
Ai piani alti del Carroccio evitano di toccare invece l’argomento chiave della giornata. Il patto anti-Kiev che rischia di minare, con il potere di veto, le intese ai massimi livelli tra i 27. Un po’ si sbilancia alla Camera il capogruppo Riccardo Molinari: «Il ragionamento di Orbán ha senso, hanno problemi di rifornimenti, ha senso che chieda una deroga per l’Ungheria sul gas russo. Poi la posizione del governo italiano sulle sanzioni è chiara».
Sull’abbraccio Salvini-Orbán interviene intanto, dall’Africa, l’altro vicepremier, Antonio Tajani, titolare degli Esteri: «La linea in politica estera la esprime il presidente del consiglio e il ministro degli Esteri, le altre posizioni sono individuali». E in ogni caso «la linea del governo è chiara: noi stiamo con Kiev». Tutti i forzisti sono allineati. «Abbiamo una visione diversa — insiste il ministro della Pa, Paolo Zangrillo — Se Orbán ritiene che l’Europa non conti nulla, dovrebbe impegnarsi per far sì che conti di più».
FdI resta perlopiù in silenzio. Anche se all’ora di cena il primo ministro ungherese va in tv per parlare del rapporto di «amicizia» con Meloni. Entrambi, dice al Tg4, «vogliamo dare meno potere a Bruxelles, sulle questioni principali siamo d’accordo, difendiamo gli interessi nazionali. L’Ue? Irrilevante perché si rifiuta di negoziare con Mosca». Sulle sanzioni, insiste: «Non mi importano le sanzioni alla Russia ma quelle che importano agli ungheresi. Non abbiamo il mare e non possiamo importare gas liquido». C’è tempo pure per un attacco a Ilaria Salis: «Una criminale che dovrebbe stare in galera».
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